Exposition : "le peuple des exclu"
Il Popolo degli esclusi
Abbiamo deciso di realizzare questa esposizione con lo scopo di testimoniare i sentimenti e gli stati
d’animo contraddittori che animano ciascuno di noi di fronte al tema dell’immigrazione focalizzando
l’obiettivo sui mezzi di trasporto che sono stati utilizzati dai migranti per raggiungere le coste Italiane .
Essi sono un’espressione significativa dello stato di miseria in cui i profughi si trovavano.
Il popolo degli esclusi – l’altro vuole simboleggiare migliaia di uomini, donne e bambini spinti dalla
disperazione cercano un futuro migliore affrontando le insidie del mare aperto, usando imbarcazioni che
cadono a pezzi che potremmo definire carcasse dei mari.
Questi uomini partono da terre e culture molto lontane, ammassati all'inverosimile su queste navi ed
abbandonando tutto quello che hanno, compresa la loro vita.
Arrivano sulle coste Italiane dopo giorni di navigazione nelle più disperate condizioni senza acqua, né cibo.
Spesso raggiunta la costa a poche decine di metri dalla riva, per tragica assurda ironia della sorte, muoiono
per stenti o semplicemente perché non sanno nuotare.
Per loro la morte, in quei giorni terribili di navigazione, è l’unica vera compagna di viaggio.
Nell’esposizione concentriamo l’attenzione su queste navi che vengono abbandonate e diventano la
testimonianza silenziosa di intere popolazioni che lottano per il proprio destino.
La sensazione guardando queste carcasse dei mari è di essere di fronte ad un cimitero.
Queste navi nascondono delle storie di vite drammatiche e sono state l’unica vera speranza per vivere una
nuova vita migliore.
Questi uomini hanno costruito il proprio destino con il coraggio di affrontare sfide impossibili al limite della
logica umana.
Guardando queste carcasse del mare, noi siamo obbligati ad andare al di la dei limiti sociali e morali.
Quando le si guardano attentamente, ascoltando il silenzio che le circonda, si avverte una sensazione di
disagio e si percepisce la disperazione umana che le barche custodiscono
Disagio perché ci pone di fronte ad una verità a noi scomoda e imbarazzante che indica la sconfitta,
l’instabilità e la confusione del nostro “ sistema normale della società”.
I pensieri ristretti creano delle frontiere ben definite, provocando indifferenza, poi indignazione o altri
sentimenti in rapporto al nostro modo di essere.
Osservando queste “carcasse del mare” siamo costretti ad oltrepassare i nostri limiti sociali e morali della
nostra società per ritrovarci in un territorio mentale a noi totalmente sconosciuto.
Tutto questo istintivamente ci spaventa facendoci chiudere in noi stessi e rifiutando automaticamente
l’esistenza di queste imbarcazioni ma che in realtà sono davanti a noi tutti i giorni.
La loro presenza mette in discussione quello che c’è di più fondato nel sistema sociale Occidentale ed è
quello che definiamo “l’equilibrio dello stato di essere”, cioè quella sottile linea di armonia, intesa come
equilibrio, ben calibrata che separa il nostro personale modo di essere sia sociale che morale con il resto del
mondo.
L’uomo ha un equilibrio interiore che si è costituito fin dalla nascita in una società che ha precise norme
sociali e morali.
Le norme sociali prescrivono come devono comportarsi gli individui di una stessa società in determinate
situazioni.
Le norme morali sono l’etica del bene e del male, sono soggettive all’ ambiente culturale e religioso in cui si
è stati formati.
In ognuno di noi si costituisce così una sorta di stabilità interiore, che è differente da un individuo ad un
altro.
Questa stabilità si spezza quando altri equilibri di altri popoli provenienti da società differenti e modelli di
vita diversi si toccano e creano, quindi, una sorta di discussione.
Quando questa linea di equilibrio viene oltrepassata o del tutto spezzata l’equilibrio viene a mancare ed ecco
che si scatena in ognuno di noi un meccanismo di paura e disagio che si tramuta subito dopo in difesa ed
offesa verso “ l’altro”.
In questa esposizione le barche che mostriamo, testimoniano il frantumarsi di questo equilibrio, che diventa
la prova concreta dell’esistenza di “un sotto insieme sociale ” che vive, è presente ed annulla il nostro
equilibrio per crearne un altro, che diverrà più complesso.
Ci domandiamo come ci dobbiamo porre di fronte a questa evoluzione?
Come dobbiamo ricostruire questa armonia?
Questa nuova armonia deve essere ricostruirla includendo l’immigrazione nella società, rinnovando la
vecchia armonia.
Si ricostituiscono gli equilibri dello stato d’essere.
E’ obbligatorio l’evoluzione di ognuno di noi, nasce una coesistenza con altri popoli.
Il progetto vuole dare testimonianza ed analizzare quel ramo di società che abbiamo voluto chiamare
“Popolo degli esclusi”, rifacendoci al termine che è stato creato dal filosofo Giorgio Agamben leggendo il
libro : “homo sacer” .
Il popolo degli esclusi è un aspetto, un ramo della società che appartiene a quelle “classi inferiori “ indicate
dalla biopolitica come poveri, diseredati, esclusi.
Sono un sottoinsieme del popolo e viene bandito dalla comunità integrata e sovrana.
Il popolo è per Agamben “un complesso di cittadini come corpo politico unitario”.
Potremmo creare uno schema:
ESCLUSIONE -------- INCLUSIONE
ESCLUSI dal sistema politico – sociale
INCLUSI nel sistema politico – sociale
Esempio: il popolo degli esclusi vive e viene Incluso nelle città ma nello stesso tempo viene Escluso e di
conseguenza chiuso nelle periferie delle città utilizzando lo “stato di eccezione” come nuova forma di legge.
Ma cosa vuol significare la parola “l’Altro”?
“L’altro” può essere identificato anche con l’Homo sacer che è un essere fuori dalla legge morali e sociali,
un escluso, che provoca imbarazzo quando è troppo vicino a noi, si intromette nel nostro spazio privato
diventando invadente.
Spesso si tollera “l’altro”, accettiamo la sua presenza ma non il suo modo di essere.
L’altro è l’intruso, l’alieno, lo straniero, l’ebreo, il rom, il gay, la donna con il burqa, l’immigrato, l’ospite o
solamente l’ESCLUSO?
Si intende per “altro”tutto ciò che al di fuori delle nostre regole sociali e morali.
Se consideriamo l’umanità che è nell’ “altro”, noi possiamo ritrovare quest’equilibrio (l’equilibrio dello stato
d’essere) che è stato spezzato e perduto e noi possiamo annullare quel “ disagio “ descritto nell’apertura di
questo testo.
Pertanto il disagio e l’indifferenza potrebbero prendere il sopravvento.
La società potrebbe avere tendenze razziste se non fosse capace di liberarsi dall’egoismo della nostra sfera
vitale.
Dobbiamo “aprirci” verso ciò che ci fa vacillare.
In questo progetto ci poniamo delle domande, tentando di trovare delle risposte.
1) Chi è il popolo degli esclusi?
2) Come i rifugiati sono integrati nella società?
3) O restano dei disadattati per tutta la vita?
Quanta “dignità” gli si vuol dare al popolo degli esclusi?
4) Come comunica la società con il popolo degli esclusi; con l’indifferenza?
Quale sarà il futuro dell’altro nella società odierna (integrazione o verrà escluso o trasformato
in“mussulmano”)?
Quali interventi potranno essere decisi ed adottati dalla politica per una soluzione confacente ai
problemi dell’altro, in una società liberale e capitalistica come la nostra?
Quali sono le paure che si insinuano verso l’Altro?
5) Come ci comportiamo nei rapporti intersoggettivi con questi popoli, di cui poco o nulla
conosciamo ?
Vincenzo Brandi e Francesca Romana Tessadri